PROBLEMATICHE
IDRICO-GEOLOGICHE DI PALAZZO SALVIATI
Le problematiche idriche del sottosuolo dell’area in cui
sorge Palazzo Salviati, tornano alla ribalta ogni qualvolta precipitazioni
meteoriche straordinarie producono l’allagamento del vano sottostante l’Auditorium
con affioramenti di umidità anche negli ambienti confinanti.
Si è disquisito molto, specie durante i sopralluoghi
tecnici, delle probabili ripercussioni procurate alla falda freatica dagli
interventi che, in varie epoche, hanno, man mano, modificato l’equilibrio
idrogeologico locale, basti pensare al:
-
muraglione di contenimento degli argini del fiume (fine ‘800/primi
‘900);
-
tunnel Principe Amedeo di mt. 296 tra Porta Cavalleggeri e il
Lungotevere (1942) e le successive recenti rampe in galleria di collegamento
col Gianicolo (2000), epoca del ritrovamento e lo spostamento della Villa di
Agrippina(1);
-
sottopasso autostradale di lungotevere (2000);
-
parcheggio di sei piani nelle viscere del Granicolo per il Giubileo 2000 che ha comportato uno svuotamento
della collina per 185.000 mc.;
-
opere di costruzione e successivo consolidamento degli edifici
sovrastanti;
Nota Tecnica:
Le falde acquifere sotterranee coesistono a varie
profondità, spesso una superiore scorre parallelamente ad altre più profonde,
divise da strati di terreno impermeabili che le contengono e canalizzano.
Quando è necessario (interferenza con costruzioni),
stante l’impossibilità a deviarle, in quanto si sviluppano in modo lenticolare
più o meno ampio, si ricorre, per mezzo di trivellazioni, alla rottura del diaframma tra una falda e
l’altra per abbassarne la valenza piezometrica, costringendola a ricercarsi un
“letto” in strati più profondi. Nel caso di Palazzo Salviati, per ovviare agli
inconvenienti in premessa, si è considerata anche questa ipotesi, ma non è
stata ritenuta idonea in quanto la scomparsa/riduzione della falda avrebbe
ridotto gli spazi intermolecolari del terreno su cui, da secoli,
poggiano(“galleggiano”) le strutture murarie dell’edificio con conseguenti
incontrollabili assestamenti differenziati.
Per meglio comprendere la problematica odierna bisogna
considerarla nel contesto fisico e urbanistico in cui si è evoluta, non
perdendo di vista i vari interventi di urbanizzazione che, talvolta impropri,
hanno determinato l’attuale stato di cose.
Le strade, gli edifici, il fiume, le esigenze economiche,
sono fattori che nelle varie epoche hanno avuto il loro peso nella
trasformazione di quest’angolo di città.
Qualsiasi territorio al di sotto di alture è per propria
natura soggetto, a causa della gravità, ad affioramenti spontanei generati
dalle vene d’acqua che si formano nelle fenditure dei terreni sovrastanti.
Per quanto attiene a Palazzo Salviati, il fenomeno in
atto, evidenziatosi da qualche anno, è ascrivibile a tale casistica, tanto da
rendere indispensabile l’installazione di pompe di aggottamento per mantenere
la quota di falda a circa un metro sotto il piano di campagna, soprattutto
nella zona interessata dalla riqualifica strutturale.
All’epoca della costruzione (1999-2003) del Complesso
Mensa Auditorium, le maestranze avevano rilevato che un fosso di circa mc. 1,5,
preesistente, era costantemente colmo di acqua. Allo scopo di capire il
fenomeno ed anche per facilitare le attività del cantiere, fu tentata un’operazione
di drenaggio, a mezzo di pompe e tale fosso fu letteralmente prosciugato.
Incredibilmente, la mattina dopo era di nuovo colmo d’
acqua limpidissima e fresca, tanto che qualcuno ipotizzò una rottura di qualche
condotta idrica comunale interrata; ipotesi poi scartata poiché un tale evento
non sarebbe potuto persistere a lungo senza essere rilevato sia dall’azienda
erogatrice che dagli utenti.
A distanza di tempo i ripetuti fenomeni di affioramento
dell’acqua, sia sotto forma di veri e
propri allagamenti dei locali più bassi, che di trasudazioni su pavimentazioni e
pareti, hanno avvalorato le ipotesi su una situazione idrica sottostante la cui
complessità, stante i numerosi interventi infrastrutturali della zona, risulta
di difficile definizione e controllo.
Nell’ottica di dover convivere con situazioni solo in
parte modificabili, al solo scopo cognitivo, lo scrivente ha iniziato una
personale, lenta, opera di ricerca, nell’ambito della quale sono emerse realtà
locali ormai dimenticate.
Non potendo contare su
testimonianze dirette degli abitanti del luogo ( i discendenti delle
vecchie famiglie trasteverine del luogo
hanno lasciato man mano il posto ad una nuova tipologia di abitanti, sovente
stranieri, che rilevando le vecchie casupole, ne hanno fatto appartamenti di
pregio), è stato necessario elaborare i dati più recenti per risalire a situazioni di
qualche decennio fa, utilizzando raffigurazioni pittoriche e fotografiche,
correlate da riscontri storico-scientifici, reperibili, per quanto possibile,
nel museo del vicino Ospedale Santo Spirito (detto a suo tempo Ospedale dei
Pazzi), prima struttura sanitaria di Roma (727), che da secoli, è testimone
delle vicissitudini locali.
Ospedale
S. Spirito e zona Lungara in un’incisione di Antonio Tempesta del 1593
Gli
inconvenienti idrico-strutturali a cui sarà legato per sempre Palazzo Salviati
hanno però un risvolto romantico di particolare fascino. Quell’acqua che spesso
affiora qua e là nel Palazzo, quell’acqua su cui vigilano le pompe di sentina,
regolandone il livello, altro non è che ciò che rimane di un’antica acqua
proveniente da una fonte conosciutissima dai
romani fino alla metà del ‘900, la cui origine con ogni probabilità si
trova dietro Palazzo Salviati nel profondo costone del Gianicolo: l’acqua
Lancisiana, potrebbe essere addirittura
la stessa che sgorgava freschissima dalle fonte del dio Giano, a cui gli
antichi romani avevano dedicato il colle.
Prezioso
liquido le cui caratteristiche furono sfruttate ed esaltate nell’ambito dei
protocolli terapeutici del vicino Ospedale di Santo Spirito, struttura che
contribuì a dare in epoca relativamente moderna credibilità scientifica a tale
fonte.