Atto Costitutivo e Statuto della Associazione

L'Atto Costitutivo, lo Statuto della Associazione, la Scheda di Adesione sono pubblicati sotto la data del 2 febbraio 2013 di questo Blog

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martedì 24 giugno 2014

1. PROBLEMATICHE IDRICO-GEOLOGICHE DI PALAZZO SALVIATI


PROBLEMATICHE IDRICO-GEOLOGICHE DI  PALAZZO SALVIATI

di Riccardo Arena
 
Le problematiche idriche del sottosuolo dell’area in cui sorge Palazzo Salviati, tornano alla ribalta ogni qualvolta precipitazioni meteoriche straordinarie producono l’allagamento del vano sottostante l’Auditorium con affioramenti di umidità anche negli ambienti confinanti.

Si è disquisito molto, specie durante i sopralluoghi tecnici, delle probabili ripercussioni procurate alla falda freatica dagli interventi che, in varie epoche, hanno, man mano, modificato l’equilibrio idrogeologico locale, basti pensare al:

 

-          muraglione di contenimento degli argini del fiume (fine ‘800/primi ‘900);

-          tunnel Principe Amedeo di mt. 296 tra Porta Cavalleggeri e il Lungotevere (1942) e le successive recenti rampe in galleria di collegamento col Gianicolo (2000), epoca del ritrovamento e lo spostamento della Villa di Agrippina(1);

-          sottopasso autostradale di lungotevere (2000);

-          parcheggio di sei piani nelle viscere del Granicolo per il  Giubileo 2000 che ha comportato uno svuotamento della collina per 185.000 mc.;

-          opere di costruzione e successivo consolidamento degli edifici sovrastanti;

 

Nota Tecnica:

Le falde acquifere sotterranee coesistono a varie profondità, spesso una superiore scorre parallelamente ad altre più profonde, divise da strati di terreno impermeabili che le contengono e canalizzano.

Quando è necessario (interferenza con costruzioni), stante l’impossibilità a deviarle, in quanto si sviluppano in modo lenticolare più o meno ampio, si ricorre, per mezzo di trivellazioni,  alla rottura del diaframma tra una falda e l’altra per abbassarne la valenza piezometrica, costringendola a ricercarsi un “letto” in strati più profondi. Nel caso di Palazzo Salviati, per ovviare agli inconvenienti in premessa, si è considerata anche questa ipotesi, ma non è stata ritenuta idonea in quanto la scomparsa/riduzione della falda avrebbe ridotto gli spazi intermolecolari del terreno su cui, da secoli, poggiano(“galleggiano”) le strutture murarie dell’edificio con conseguenti incontrollabili assestamenti differenziati.

 

Per meglio comprendere la problematica odierna bisogna considerarla nel contesto fisico e urbanistico in cui si è evoluta, non perdendo di vista i vari interventi di urbanizzazione che, talvolta impropri, hanno determinato l’attuale stato di cose.

Le strade, gli edifici, il fiume, le esigenze economiche, sono fattori che nelle varie epoche hanno avuto il loro peso nella trasformazione di quest’angolo di città.

 

Qualsiasi territorio al di sotto di alture è per propria natura soggetto, a causa della gravità, ad affioramenti spontanei generati dalle vene d’acqua che si formano nelle fenditure dei terreni sovrastanti.

Per quanto attiene a Palazzo Salviati, il fenomeno in atto, evidenziatosi da qualche anno, è ascrivibile a tale casistica, tanto da rendere indispensabile l’installazione di pompe di aggottamento per mantenere la quota di falda a circa un metro sotto il piano di campagna, soprattutto nella zona interessata dalla riqualifica strutturale.

All’epoca della costruzione (1999-2003) del Complesso Mensa Auditorium, le maestranze avevano rilevato che un fosso di circa mc. 1,5, preesistente, era costantemente colmo di acqua. Allo scopo di capire il fenomeno ed anche per facilitare le attività del cantiere, fu tentata un’operazione di drenaggio, a mezzo di pompe e tale fosso fu letteralmente prosciugato.

Incredibilmente, la mattina dopo era di nuovo colmo d’ acqua limpidissima e fresca, tanto che qualcuno ipotizzò una rottura di qualche condotta idrica comunale interrata; ipotesi poi scartata poiché un tale evento non sarebbe potuto persistere a lungo senza essere rilevato sia dall’azienda erogatrice che dagli utenti.

A distanza di tempo i ripetuti fenomeni di affioramento dell’acqua, sia  sotto forma di veri e propri allagamenti dei locali più bassi, che di trasudazioni su pavimentazioni e pareti, hanno avvalorato le ipotesi su una situazione idrica sottostante la cui complessità, stante i numerosi interventi infrastrutturali della zona, risulta di difficile definizione e controllo.

Nell’ottica di dover convivere con situazioni solo in parte modificabili, al solo scopo cognitivo, lo scrivente ha iniziato una personale, lenta, opera di ricerca, nell’ambito della quale sono emerse realtà locali ormai dimenticate.

Non potendo contare su  testimonianze dirette degli abitanti del luogo ( i discendenti delle vecchie famiglie  trasteverine del luogo hanno lasciato man mano il posto ad una nuova tipologia di abitanti, sovente stranieri, che rilevando le vecchie casupole, ne hanno fatto appartamenti di pregio), è stato necessario elaborare i dati  più recenti per risalire a situazioni di qualche decennio fa, utilizzando raffigurazioni pittoriche e fotografiche, correlate da riscontri storico-scientifici, reperibili, per quanto possibile, nel museo del vicino Ospedale Santo Spirito (detto a suo tempo Ospedale dei Pazzi), prima struttura sanitaria di Roma (727), che da secoli, è testimone delle vicissitudini locali.

 

Ospedale S. Spirito e zona Lungara in un’incisione di Antonio Tempesta del 1593

 

Gli inconvenienti idrico-strutturali a cui sarà legato per sempre Palazzo Salviati hanno però un risvolto romantico di particolare fascino. Quell’acqua che spesso affiora qua e là nel Palazzo, quell’acqua su cui vigilano le pompe di sentina, regolandone il livello, altro non è che ciò che rimane di un’antica acqua proveniente da una fonte conosciutissima dai  romani fino alla metà del ‘900, la cui origine con ogni probabilità si trova dietro Palazzo Salviati nel profondo costone del Gianicolo: l’acqua Lancisiana,  potrebbe essere addirittura la stessa che sgorgava freschissima dalle fonte del dio Giano, a cui gli antichi romani avevano dedicato il colle.

Prezioso liquido le cui caratteristiche furono sfruttate ed esaltate nell’ambito dei protocolli terapeutici del vicino Ospedale di Santo Spirito, struttura che contribuì a dare in epoca relativamente moderna credibilità scientifica a tale fonte.

 

 

2. PROBLEMATICHE IDRICO-GEOLOGICHE DI PALAZZO SALVIATI


CENNI STORICI SULL’OSPEDALE SANTO SPIRITO


 di Riccardo Arena
 
A Roma, in epoca remota, non esisteva una vera e propria assistenza per i malati. Le cure venivano praticate nell’ambito della famiglia dal “pater familias”. Già a partire dal III secolo a.C. nacquero luoghi pubblici dedicati all’assistenza ai malati. Una delle prime forme furono i templi o asclepei e le medicatrinae o tabernae mediche, cioè ambulatori annessi alla casa del medico dove si praticavano cure a metà strada tra sacralità e magia che avevano ben poco a che fare con la medicina intesa in senso moderno.

Funzionavano invece come ospedali i valetudinaria, grandi costruzioni per lo più private, non di derivazione greca ma istituzione prettamente romana. Erano presenti presso le grandi aziende agricole, le palestre e soprattutto presso gli accampamenti. Questi ospedali non erano aperti al cittadino comune, ma vi venivano curate solo le persone necessarie al buon funzionamento dello Stato: i servi delle aziende agricole, gli atleti e i militari.


Per avere l’ospedale gratuito e aperto a tutti bisogna aspettare quel cambio di mentalità che si verificò con il cristianesimo. Non a caso, si fanno risalire all’imperatore cristiano Costantino i primi esempi di ricoveri per malati, precursori degli ospedali moderni. Erano chiamati xenodochi. Nell’VIII secolo gli xenodochi accrebbero le proprie disponibilità, tanto che l’assistenza venne estesa anche ad altre fasce di bisognosi, come le vedove e gli orfani. La Chiesa ne riconosceva l’alto valore sociale di carità ed assistenza pubblica e s’impegnò nei vari Concili al loro mantenimento e alla loro diffusione.


La prima testimonianza sul cambiamento del nome risale al 724: in una carta di donazione di beni alla chiesa di San Quirico di Capannoli a Lucca troviamo citato un “ospitale”, e già intorno all’anno Mille si vanno sempre più diradando le notizie relative agli xenodochi, sostituiti ormai ovunque dagli “ospitali”. Tra gli ospedali più antichi di Roma troviamo l’
Ospedale Santo Spirito in Sassia (1198) per opera di Innocenzo III, le cui origini però si fanno risalire al 727 d.C. quando il re del Wessex, fondò la “schola saxonum”, cioè un albergo, ospizio, ospedale, chiesa e cimitero per accogliere gli Angli e i Sassoni che, dopo l’evangelizzazione da parte di Gregorio Magno, sempre più numerosi venivano a visitare le tombe apostoliche a Roma. Altre “scholae” di questo tipo sorsero un po’ ovunque a Roma: ve ne erano per i Frisoni, i Franchi, i Longobardi, gli Ungari, e perfino per gli Etiopi e gli Armeni, ed erano mantenute dai rispettivi paesi.

L’Ospedale, dopo varie traversie, tra cui un incendio che distrusse completamente l’originario edificio innocenziano, fu completamente ricostruito da Sisto IV tra il 1473 e il 1478.

 

 

L’acqua Lancisiana

Fin dal 1580 si parlava delle ottime qualità terapeutiche di un'acqua che sgorgava sulla riva destra del Tevere sotto al Gianicolo. Nel 1720 Lancisi, medico curante dell'allora Papa Clemente XI, G. F. Albani (1700-1721), canalizzò tutto il percorso naturale della sorgente, dalle pendici del Gianicolo, a ridosso delle rovine dell’antico Ponte Trionfale, fino alle immediate adiacenze dell'ospedale Santo Spirito (detto a suo tempo de’ Pazzi), costruendo una splendida fontana con pubblico accesso.









 Immagini dei resti del ponte Trionfale

 

Mascherone dell’antica fontana dell’Acqua Lancisiana

Cento anni dopo la fontana fu chiusa al pubblico per essere utilizzata ad esclusivo uso dell'ospedale. A seguito delle proteste dei trasteverini, nel 1830 fu costruita una nuova, piccola fontana a lato dell'ospedale, da cui tornò a sgorgare una parte dell'acqua terapeutica. Un ulteriore allargamento dell'ospedale, nel 1863, determinò lo spostamento della fonte quasi di fronte a palazzo Salviati. (Figura sotto)

 



Acquerello della fontana dell’Acqua Lancisiana  di Ettore Roesler Franz.

Sulla sinistra, un pilone del vecchio Ponte dei Fiorentini detto anche del Soldino (2)

 

Infine nel 1897, con la sistemazione degli argini del Tevere, l'acqua terapeutica tornò a scorrere, ancora per pochi decenni, da due nicchie ricavate a mezza altezza dei muraglioni, a cui si accede tuttora attraverso due scale simmetriche.  (Immagini sotto)
 
Immagine frontale delle due rampe facenti parte del complesso del Porto Leonino

( Ex approdo mercantile del Vaticano)

 

 

 

                          Immagini della nicchia  di destra dell’Acqua Lancisiana, ormai inaridita.

Fino a metà dello scorso secolo il luogo era meta usuale di coloro che riconoscendo le qualità terapeutiche dell’acqua, vi si recavano alla stregua di un luogo termale.



 

Mescita artigianale dell’acqua in prossimità della fonte durante gli anni ’50.

Sullo sfondo Palazzo Salviati, con i piloni del Ponte del Soldino.

 

Visione di Piazza della Rovere prima della creazione del la galleria Principe Amedeo ultimata nel 1942.

L’edificio sulla destra, prossimo alle mura, era lo stabilimento di imbottigliamento dell’Acqua Lancisiana.

Dagli anni '50 l’acqua non sgorga più dalla fontana per via delle infrastrutture edifica nella zona che per l’inquinamento della falda, ma si disperde liberamente nel terreno sottostante.

3. PROBLEMATICHE IDRICO-GEOLOGICHE DI PALAZZO SALVIATI


PONTE DEI FIORENTINI “DE FERO” O  “DEL SOLDINO”

Ponte Dei Fiorentini detto anche “del Soldino”

di Riccardo Arena


Vista del Ponte del Soldino dal lato di Palazzo Salviati in prossimità del quale sgorgava l’acqua Lancisiana.

Altra immagine del Ponte del Soldino, visto dalla chiesa di S. Giovanni de’ Fiorentini, nei primi decenni  del ‘900.

Il ponte dei Fiorentini o "ponte de fero", come lo chiamavano i romani per la sua struttura metallica, era situato all'altezza della chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini, come si può notare anche nella foto, dove la cupola fa da sfondo al ponte. Venne costruito nel 1863 da una società anonima francese ed aveva fiancate a traliccio e lastricato e marciapiedi a tavole di legno, il tutto sospeso con grossi cavi e tiranti. Inizialmente venne adibito al transito di veicoli (allora, ovviamente, a trazione animale) ma in seguito venne riservato ai soli pedoni. In compenso delle spese sostenute per la costruzione, il governo pontificio concesse alla società il diritto di pedaggio a tariffa unica stabilita in cinque centesimi, un soldo cioè, per un periodo di 99 anni: per questo motivo fu chiamato il "ponte del soldo" o, più dolcemente, il "ponte del soldino". Erano esclusi dal pagamento i militari, i gendarmi in servizio e i frati mendicanti scalzi. La domenica di Pasqua il transito era, invece, gratuito per tutti. Il ponte venne demolito il 15 luglio 1941 e sostituito l'anno successivo (anche se 100 metri più a valle) dal ponte Principe Amedeo.

 

 (1) Gli Horti di Agrippina, la grande villa costruita dalla madre dell’imperatore Caligola, si sviluppavano sul lato meridionale della via Cornelia, strada che univa il ponte Neroniano con i monti Vaticani. Non si conoscono i confini esatti del vasto possedimento imperiale, ma dai resti degli edifici rinvenuti nella zona e dalle notizie fornite dalle fonti antiche, sappiamo che i giardini confinavano a nord con gli Horti Domitiae, che dalla zona dei Borghi si estendevano verso il fiume; verso est giungevano fino alla riva del Tevere; a ovest terminavano in corrispondenza della necropoli Vaticana, mentre, verso sud, dovevano comprendere parte delle pendici settentrionali del Gianicolo. Tra gli edifici che componevano il vasto complesso le fonti ricordano una terrazza e una porticus verso la riva del fiume; un edificio residenziale situato tra il Gianicolo e il Vaticano, indicato dai testi medievali come palatium Neronis; e il grande circo Vaticano (circus Cai et Neronis) che si estendeva nella zona dove sorge ora la basilica di S. Pietro. A quest’ultimo complesso, che vide il sacrificio dei primi martiri cristiani dopo l’incendio del 64 d.C., apparteneva l’obelisco che sorge attualmente al centro della piazza. Numerosi sono i resti di edifici visti in ogni tempo in tutta l’area occupata in antico dalla villa. Tra i più importanti possiamo ricordare le strutture presenti sotto l’ospedale di S. Spirito, e la grande domus rinvenuta recentemente presso il traforo Gianicolense, all’estremità meridionale degli Horti. Il complesso visibile sotto l’ospedale è costituito da strutture in opera laterizia e reticolata databili tra il I e il II secolo d.C., tra le quali si trova una grande esedra aperta verso il fiume. In passato in questa zona è stata rinvenuta una vasca di marmo con scene marine scolpite, attribuibile al I secolo d.C. I recenti scavi presso l’imbocco orientale del traforo, hanno riportato alla luce una domus di età imperiale (forse una di pertinenza degli Horti), i cui ambienti sono decorati con affreschi contenenti motivi architettonici, floreali e animali (uccelli). Alcune stanze della casa erano state utilizzate come deposito di numerosi elementi marmorei, in occasione di un restauro o di un cambiamento d’uso dell’edificio. Si tratta di lesene, capitelli e basi, in marmi di vario tipo, che facevano probabilmente parte della decorazione di un ninfeo. Dal tipo delle decorazioni ad affresco, dalla tecnica edilizia impiegata, nonché da alcuni «bolli» di mattone rinvenuti durante lo scavo, è possibile attribuire il complesso al II secolo d.C., cioè a un periodo nel quale la grande villa doveva aver raggiunto la sua massima estensione.

 

I Frequentatori della 65° Sessione diventano Seniores

CASD: chiusura dell’anno accademico 2013-2014. Pinotti: prioritario diffondere la cultura della Difesa

Si è svolta questa mattina, alla presenza del Ministro della Difesa Roberta Pinotti, la cerimonia di chiusura dell’anno accademico 2013/2014 del Centro Alti Studi per la Difesa (CASD), massimo organismo interforze nel campo della formazione avanzata della Difesa
Il CASD è il nostro laboratorio di pensiero geopolitico e militare e fornisce un contributo prezioso alla diffusione della cultura della Difesa.
Il Ministro della Difesa Roberta Pinotti, intervenendo alla cerimonia di chiusura dell’anno accademico del CASD ha richiamato l’importanza di trasmettere ai cittadini il concetto che “la Sicurezza è un bene primario dell’essere umano. Funziona quando ci protegge. E’ perfetta quando sentiamo di non averne bisogno”.
Rivolgendosi ai 237 frequentatori del 65° corso dell’Istituto Alti Studi della Difesa e 16° corso dell’Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze - tra i quali anche 23 civili e 37 ufficiali stranieri provenienti da 26 diversi Paesi amici ed alleati - il Ministro ha evidenziato l’importanza dell’osmosi tra mondo civile e militare, contributo prezioso alla diffusione di una migliore cultura della Difesa.
Nel suo intervento il Ministro ha richiamato il Libro Bianco, le cui linee guida sono state ufficialmente presentate ieri in occasione del Consiglio supremo di difesa.
“Sono passati 12 anni dalla stesura del precedente documento” ha detto il Ministro spiegando che a fine anno, a conclusione dei lavori, si conosceranno le risposte che il Governo offre a questioni e imperativi cogenti ed universali: il bisogno di difesa del territorio nazionale, il bisogno di libertà, di un libero scambio tra i popoli, il bisogno di pacificazione.
Il Ministro si è poi soffermato sui prossimi e imminenti impegni del Paese: il Consiglio europeo sull'immigrazione, durante il quale l’Italia presenterà un piano per un maggiore coinvolgimento dell’Europa.
“Pensare alla Difesa italiana significa riflettere in filigrana anche sulla Difesa Europea. Con gli altri Paesi condividiamo necessità sovrapponibili: assicurare la difesa dei confini nazionali e razionalizzare le spese dello strumento militare”.
Alla cerimonia, che si è svolta a Palazzo Salviati, erano presenti, tra gli altri, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Amm. Luigi Binelli Mantelli, il Presidente del Centro Alti Studi per la Difesa, Amm. di Sq. Rinaldo Veri, Vertici delle Forze armate, il corpo docente, i frequentatori italiani e stranieri, autorità civili e militari.